mercoledì 6 agosto 2014

Il cicloturismo è una possibilità o no?

Dalla newletter della mai tanto lodata associazione dei Comuni Virtuosi (http://comunivirtuosi.org/index.php?option=com_k2&view=item&id=3052:un-mercato-che-vale-miliardi&Itemid=630) apprendo che il settore del cicloturismo in Italia potrebbe avere un potenziale di circa 3,2 miliari di euro. Mica bruscolini.
Nel numero di luglio/agosto della mai tanto lodata rivista Altreconomia (www.altreconomia.it), di cui sono stato anche collaboratore, e lo dico con orgoglio, leggo invece un articolo un po’ più approfondito sull’argomento. Tanti i dati riportati, alcuni veramente strabilianti, e in questo contesto vale la pena ricordarne alcuni, rimandando alla lettura del suddetto articolo.
L’ultima legge in Italia sulla ciclabilità risale al 1999 ( un decreto ministeriale di 15 anni fa, mi sembrano tanti, considerando i cambiamenti delle abitudini ed esigenze degli italiani), per fortuna in revisione. L’OMS, quindi non un gruppo di sfegatati “biciclettari”, stima che i posti di lavoro in Europa, se tutte le principali città di ogni paese raggiungessero un livello di spostamenti in bici pari a Coopenhagen (26%), sarebbero 76 mila. Aggiungiamoci quelli che potrebbero sorgere dal cicloturismo vero e proprio e il numero sarebbe ancora più consistente. Il Parlamento Europeo ha diffuso la notizia che il valore economico in Europa del cicloturismo nel 2012 è stato di 44 miliardi di Euro. Non poco, e potrebbe essere di più.
In Italia la percentuale degli spostamenti in bici è purtroppo del 3,1% (3,6% nel 2008, 2,3% nel 2012), ben lontano da altre medie europee. I segnali perché le cose prendano una piega diversa ci sono tutti: 1.542.758 biciclette vendute nel 2013 in Italia, piste ciclabili sempre più frequentate, alcuni progetti interessanti che potrebbero partire a breve.
Uno di questi Ven.To., pista ciclabile che unirebbe la città di Torino a quella di Venezia. Idea interessante di alcuni docenti del Politecnico di Milano.
Oltre a questo in Veneto ci sarebbe qualche altra possibilità? Lo dico da anni e non mi stancherò di dirlo. La pista ciclo-pedonale lungo il Piave. Cosa stiamo aspettando?
Quest’estate alcuni gruppi scout hanno fatto dei campi mobili lungo questo fiume (uno di questi l’ho aiutato anche io a pensare al tragitto), ci sono già alcuni tratti segnati, argini e strade bianche sarebbero l’ideale, strade secondarie si presterebbero perfettamente.
Mi sono fatto quest’idea. Non potrebbe essere la Regione a fare da collante per questo progetto? Mettere insieme intorno a un tavolo associazioni, gruppi ambientalisti, enti delle tre aree interessate (veneziano, trevigiano e bellunese), lanciare uno studio del percorso, valutare la fattibilità e poi segnare il percorso, cercando di migliorarlo con alcune infrastrutture, che sono necessarie, come sarà necessario un rapporto diretto con alcuni proprietari di fondi privati (che non vuol dire solo “espropri”).
La potenzialità è enorme. Da Jesolo a Sappada in bici o a piedi, incontrando la ciclabile che da Calalzo va a Cortina e Dobbiaco e da lì andare a Maribor in Slovenia e chissà in quante altre direzioni. Pensate, se tutti i progetti fossero realizzati, si potrebbe partire da Torino e arrivare in Slovenia, Austria e ancora più su quasi in totale sicurezza.
Alle prossime elezioni regionali chiederò ai candidati, a cui penso di dare la preferenza, di prendersi un impegno preciso in tal senso, nei limiti ovviamente del loro mandato e delle loro possibilità operative.

mercoledì 21 maggio 2014

Non è normale


Alcuni mesi fa, alla fine di una serata dedicata al gioco d'azzardo, mi sono lamentato con un ragazzo appena conosciuto del fatto che mi sarei aspettato più pubblico. La sua risposta è stata tanto semplice quanto disarmante: "ma cosa ti aspettavi? Ormai il gioco è così diffuso che ci sembra normale. Nessuno ci fa più caso.” I Valentina Dorme, nel loro disco “Capelli Rame”, cantavano “ci si abitua a tutto, anche alla normalità”. Io e penso molti di voi, che leggerete queste righe, non possiamo e non vogliamo abituarci a questa normalità.

Non è normale. Almeno io la penso così.
Non è normale che in Italia l’industria del gioco (lo so, chiamarla industria è un’offesa a chi fa davvero impresa) sia tra le più grandi del paese per fatturato dopo Eni e Fiat (100 miliardi di fatturato, 4% del PIL).
Non è normale che siamo il quarto mercato del mondo dopo Stati Uniti, Giappone e Macao (29 chilometri di superficie e poco più di mezzo milione di abitanti… una bisca a cielo aperto).
Non è normale avere 15 milioni di giocatori abituali, 3 milioni a rischio patologico, circa 800.000 giocatori già patologici.
Non è normale spendere tra 5 e 6 miliardi per curare i dipendenti dl gioco patologico.
Non è normale che Sisal e Lottomatica (concessionarie che insieme hanno quasi il 26% del mercato europeo) sponsorizzino il servizio “GiocaResponsabile” (www.giocaresponsabile.it - 800.921.121), gestito dalla FeDerSerd (Federazione Italiana Degli Operatori Dei Dipartimenti e Dei Servizi Delle Dipendenze). Mi sa tanto da “ti offro la droga, ma anche il modo di uscirne”.
Non è normale che un padre lanci la figlia dalla finestra perché questa non gli vuole dare i suoi risparmi per giocare e che questa povera ragazza resti paralizzata per il resto della sua vita.
Non è normale che un supermercato di una catena italiana molto diffusa lanci un concorso dove bisogna "grattare" una schedina per poter partecipare.
Non è normale che alcune agenzie di viaggio organizzino viaggi "turistici" con tappa nei casinò.
Non è normale che l'Italia sia il primo paese al mondo nel mercato del "gratta e vinci” a fronte dell'1% della popolazione mondiale.
Non è normale che il 23% del gioco online sia fatto in Italia.
Non è normale che in Commissione Affari Sociali sia ferma da mesi un proposta di legge sulla prevenzione e la cura del gioco d'azzardo patologico.
Non è normale che l'Italia, in termini pro-capite, abbia tre volte le VLT (Video Lottery Terminal) degli Stati Uniti.
Non è normale che la spesa media in Italia per il gioco sia di 1.200 euro e a Pavia, chiamata la Las Vegas italiana, di 3.000 euro.
Non è normale che il sindaco di Pavia, che si professa anti-slot, si presenti a un comizio elettorale con a fianco l'amministratore delegato dell'azienda leader nel settore di slot machine e vlt, che ha sede proprio a Pavia.
Non è normale che un collettivo di Pavia che combatte contro il gioco riceva minacce e intimidazioni.
Non è normale che Comuni che hanno veramente combattuto la diffusione delle slot abbiano perso ricorsi al tar.
Non è normale che un ragazzo di 24 anni si sia giocato tutto il suo stipendio da operaio con giochi online sul suo smartphone.
Non è normale che Gigi Buffon e Francesco Totti, ammirati da tanti giovani, siano testimonial di siti internet dove giocare a poker.
Non è normale acquistare uno smartphone e sentirsi dire dalla commessa se può interessare un gratta e vinci.
Non è normale andare dalla parrucchiera e alla fine dello scontrino trovare dei numeri da giocare al lotto.
Non è normale che l’applicazione per smartphone del più famoso social network pubblicizzi applicazioni per il gioco online.
Non è normale che mi si insinui il dubbio che da dieci anni a questa parte ci sia una strategia, neanche tanto occulta, per diffondere il gioco su tutte le fasce della popolazione.
Non è normale dialogare via mail con un medico che si occupa della patologia e sentirsi dire “Lasciate stare, non serve a niente fare incontri. L’unica soluzione sarebbe togliere tutta la pubblicità e tutte le possibilità di gioco”.
Non è normale chiamarlo “gioco”.

Questo non è tutto, potrei purtroppo continuare ancora per molte righe.

Di tutto quello che ho scritto ho documentazione cartacea, fotografica, digitale ed esperienza diretta.

Vi consiglio di leggere:

Carlotta Zavattiero – Lo Stato Bisca (ed. Ponte Alle Grazie. Fuori catalogo, ma lo trovate in varie biblioteche)

Collettivo Senza Slot - Vivere senza slot : storie sul gioco d'azzardo tra ossessione e resistenza (ed. Nuova
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