venerdì 4 giugno 2010

Belluno - Ospitale di Cadore

Km percorsi: 30 circa
Ore di cammino: 7,5 circa

Da viaggio lungo il Piave ormai la nostra si è trasformata in una camminata lungo la valle del Piave. Come già sottolineato non è sempre possibile camminare lungo il greto, anche se cerchiamo di farlo il più possibile, e quindi possiamo ampliare lo spettro dei nostri spostamenti, abbracciando strade poco trafficate e qualsiasi altra possibilità che ci faccia allontanare dal traffico e dai pericoli.
Anche oggi è stata un’alternanza di situazioni. Da Belluno fino a circa metà della distanza per Ponte nelle Alpi abbiamo percorso, sempre in compagnia di Anna, una strada poco trafficata che passa a Nord della trafficata provinciale. Una buona soluzione per evitare smog e traffico intenso. Per la restante metà della strada siamo riusciti a ributtarci nel greto, seguendo ancora una volta (è stata una costante in altre occasioni) le orme di greggi di pecore che transumavano. Ci piace l’idea di aver fatto spesso lo stesso percorso che fanno i pastori. Ci sentiamo più vicini a un’idea, forse anche troppo romantica, di nomadismo a cui non siamo per niente abituati.
Ponte nelle Alpi non è quello che si può dire un paese indimenticabile, perlomeno per quel tratto che abbiamo percorso noi, cercando una strada che ci conducesse al ponte verso Soverzene. Dopo vari tentativi e qualche errore, siamo riusciti finalmente a raggiungere questa località, che forse alcuni conoscono per essere sede di una importante centrale idroelettrica (magari qualcuno c’è stato in visita con le scuole quand’era piccolo).
Da qui, metà per asfalto e metà per sterrato lungo il Piave, siamo arrivati fino a Castellavazzo, frazione di Longarone. Lungo la strada ci siamo doverosamente fermati di fronte alla diga del Vajont.
La prima variazione del giorno è stata quella di non fermarci a Longarone per la notte, ma di proseguire per accorciare la tappa di domani. Tanto più che a Longarone non avevamo appoggi logistici, dato che l’amministrazione non ha mostrato molto interesse per la cosa, e Ospitale di Cadore, dieci chilometri più avanti, ci sembrava una buona meta.
La seconda variazione è stata quella di fare circa un chilometro in macchina, accompagnati dal cugino di Anna. Come ci aveva detto ieri anche il presidente della provincia di Belluno Bottacin, fare a piedi il tratto da Castellavazzo fino alla vecchia strada che porta a Ospitale era molto pericoloso, sia perchè la carreggiata è molto stretta sia perchè gli automobilisti non si risparmiano sulla velocità. Va bene amore per questa avventura, ma rischiare di farsi male o peggio, proprio no. Vi possiamo assicurare che è stato meglio così.
La conclusione della scarpinata è stata lungo questa vecchia strada, che apre begli squarci di panorama, ormai abbandonata da coloro che salgono verso Cortina e il Cadore e che ci ha permesso di passare per il semi-abbandonato paesetto di Termine di Cadore. Qui abbiamo incontrato Giuliano, abitante a Longarone, ma proprietario di una casa in paese, con il quale abbiamo chiacchierato per una mezz’ora e soprattutto bevuto un po’ di vino in compagnia.
A Ospitale non è stato facile trovare una stanza per la notte. Il sindaco, contattato dalla titolare del negozio di alimentari, aveva proposto di tornare indietro di un paio di chilometri e dormire in un capannone utilizzato per feste paesane. Quando ormai si pensava di dormire all’esterno della chiesa, abbiamo fatto un tentativo chiamando il parroco che vive a Longarone. In cinque minuti ha chiamato una ragazza che ha le chiavi della canonica, che è sempre vuota e utilizzata solo per qualche riunione, e ci ha fatto dormire in una delle stanze, completamente spoglie. La doccia con l’acqua fredda ha risvegliato di soprassalto la nostra circolazione sanguigna, annebbiata da tanto camminare.
Ospitale è un paese di 350 anime, con qualche bella casa con le facciate di sassi e una falegnameria gigantesca vicino alla strada principale. Qualcuno se la ricorderà perchè sulla ciminiera è scritto “Si tratta di vapore”, per rassicurare sui fumi che ne escono.

Antonio dice che il Piave sta diventando sempre più piccolo.
Furio invece che si sta appassionando sempre di più e che alla fine, con coraggio e volontà, fino alla fine ci arriviamo.

Anche oggi non riusciamo a scaricare delle foto per problemi con il collegamento.

I rigraziamenti di oggi vanno a: Anna che ha camminato con noi anche oggi, a Vania Benetton che è venuta appositamente da Carbonera per fare un tratto di strada e scattare foto, a Giuliano da Longarone, ex-ferroviere, che a Termine di Cadore ci ha offerto del tocai trevigiano (ci sarebbe piaciuto fermarci a dormire nella sua casa, però dovevamo guadagnare chilometri), alla negoziante dell’alimentari di Ospitale di Cadore che si è interessata, senza successo, con l’amministrazione comunale per farci trovare una stanza per dormire, a Don Francesco, parroco di Ospitale di Cadore, che ci ha fatto dormire nella sua canonica (eravamo quasi rassegnati a dormire all’addiaccio), ad Alessia che ci ha aperto la canonica vuota e ci ha mostrato dove potevamo dormire, a Fausto, vice-sindaco, che ci ha regalato un libro sulla storia di Ospitale e si è informato sul nostro viaggio.

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